I cormorani sono una vera e propria calamità naturale. Lâincubo dei pescatori che devono affrontarli a mani nude non trovando supporto nella Regione che non gli da nè strumenti per contrastarli nè i fondi per pagare i disastri che stanno creando.
Il fenomeno interessa in particolare la Sardegna centro-occidentale, dove risulta, da uno studio del professore Angelo Cau e del dottor Pietro Addis, che risiedano il maggior numero di cormorani di tutta lâisola, tanto da essere definito âsito di rilevanza internazionaleâ.
I numeri sono impressionanti e da soli fanno capire che si tratta di unâemergenza sconosciuta o meglio sottaciuta.
Ci sono circa 12 mila cormorani che per cibarsi mangiano giornalmente intorno a 500 grammi di pesce, per un totale stimato di 6 tonnellate.
I danni causati dagli uccelli ittiofagi allâattività ittiocolturale non si fermano al solo prelievo diretto che anzi deve essere considerato come lâaspetto palese del problema.
Bisogna prendere in considerazione anche altri fattori. Lo stress dovuto allâattività predatoria limita lâaccrescimento e aumenta la mortalità delle specie da pescare. Inoltre unâaltra grossa fetta non consumato dai cormorani, è comunque inutilizzabile in quanto non è commercializzabile; cresce la diffusione di malattie; come se non bastasse si mangiano anche specie-foraggio, ovvero pesce meno pregiato e di scarso valore commerciale, ma che rappresenta fonte di cibo naturale per quello pregiato.
Insomma causano talmente tanti danni economici che non bastano tutti i fondi (1milione di euro) messi a bilancio dalla Regione per ristorare le imprese agricole che hanno subito danno dalla fauna selvatica.
Ma oltre a non veder riconosciuti i danni, i pescatori non riescono ad avere dalla Regione neppure gli strumenti per difendersi dai cormorani. Per questo Uecoop Sardegna, insieme alla Coldiretti e ai suoi associati interessati, che sono il consorzio di Cabras e di Marceddì e le Cooperative pescatori SantâAndrea e Santa Giusta, chiedono un piano di contenimento efficace.
Oggi gli unici strumenti che si possono utilizzare per allontanare gli uccelli predatori sono dei dissuasori, come le reti anti-uccello che oltre ad essere costose (in termini di materiali e manutenzione), sono limitate ad aree poco estese ed hanno un certo impatto ecologico in quanto impediscono lâaccesso alle specie non bersaglio e possono causare la morte degli uccelli che vi rimangono intrappolati.
Lâaltro sistema autorizzato è quello dellâutilizzo dei cannoni a salve. Costosi perché richiedono lo spostamento in motoscafo (i rimborsi provinciali non riescono a coprire minimamente le spese) e allo stesso tempo inefficaci. I cormorani sono uccelli intelligenti che appresa lâinefficacia dello sparo continuano indisturbati la loro attività predatoria. Infatti sono in continuo aumento. Da ottobre comincia lâinvasione che si protrae fino ad aprile. Arco di tempo che si sta allungando sempre di più.
Ciò che chiedono i pescatori della Uecoop è lâabbattimento controllato, lâunico metodo per contrastare lâinvasione di una specie che rappresenta lâultimo anello della catena alimentare. Lâunico uccello che potrebbe âcacciarliâ, infatti, è lâaquila pescatore che però in Sardegna non è presente.
Metodologia che in Sardegna è già stata sperimentata con successo una decina di anni fa. Si tratterebbe di abbattere il 10 per cento della specie presente sotto lâocchio vigile delle guardie forestali. Lo stesso strumento viene utilizzato in altre Regioni italiane.
In questo modo, oltre a ridurre del 10 per cento la popolazione dei cormorani, servirebbe per allontanare gli altri. Un metodo insomma che verrebbe a sostituire artificialmente, la catena alimentare.
In questo modo oltre a ridurre drasticamente i danni ai pescatori, si ridurrebbero anche i costi per le casse pubbliche.