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«Francesco va e ripara la mia casa»

I pellegrini raccontano «emozioni uniche e irripetibili, nel sentire in maniera profonda quell’appartenenza ad una Chiesa "Madre"»

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Descrivere a parole lo stupore, la meraviglia e la gioia provati in questi sei giorni di pellegrinaggio, innanzi alla Parola di Dio che si è fatta viva nei nostri cuori non è facile: emozioni uniche e irripetibili, nel sentire in maniera profonda quell’appartenenza ad una Chiesa "Madre".

 

«Francesco va e ripara la mia casa»: le parole che il Crocifisso della Chiesa di San Damiano rivolse a S. Francesco D’Assisi sono rimaste impresse nel cuore di noi giovani, chiamati a seguire il Signore nella sua Chiesa e ad essere testimoni e missionari nella fede.

Un monito, quello rivolto al poverello di Assisi, che in qualche maniera trova attualizzazione e concretizzazione nella Chiesa di oggi: una Chiesa da riparare, è vero, ma non da intendersi come un edificio di pietre e mattoni, bensì «viva», rivolta agli ultimi e ai più lontani.

Siamo noi giovani, «campo della fede ed atleti di Cristo» a dover assumere questo compito di grande responsabilità certo, ma che con gioia ed entusiasmo vogliamo portare a compimento.

Il silenzio durante il deserto alla Porziuncola, l’adorazione innanzi al Santissimo alla Basilica di S. Chiara e il raccoglimento alla Basilica di S. Francesco e al Monastero di S. Damiano, sono stati quei momenti in cui davvero, nella preghiera, ci siamo voluti affidare a Dio e alla Madonna guida e maestra, perché possano davvero infondere in noi ideali di carità, santità e disponibilità al servizio del prossimo.

La semplicità dei gesti e delle parole di Papa Francesco, durante l’udienza di mercoledì 11 settembre, cui abbiamo avuto la fortuna di assistere insieme all’incontro davvero ravvicinato col Pontefice, sono stati segno ulteriore della presenza di Dio tra noi; «un Dio che si fa conoscere e vuole entrare in amicizia con noi» - ha sottolineato, ponendo al centro la figura del cristiano che -  «non è un’isola, non diviene tale in laboratorio, da solo e con le proprie forze, ma riceve un dono nella Chiesa e attraverso la Chiesa: la vita di Fede nel Battesimo».

 

Fede: dono di grazia del Signore, da «riscoprire, coltivare e testimoniare» come ha giustamente affermato il Papa Emerito Benedetto XVI, che in occasione del 50° anniversario del Concilio Vaticano II ha indetto un Anno della Fede. Questo, a maggior ragione ci offre la possibilità di vivere la bellezza e la gioia di essere cristiani, nel comprendere che si è più «beati nel dare che nel ricevere».

Un pensiero non può che rivolgersi, a questo punto, alla figura della Beata Maria Gabriella, nostra concittadina e fulgido esempio di preghiera, azione e sacrificio, che senza esitazioni, totalmente abbandonata alla volontà di Dio, ha donato la propria vita per l’Unità di tutti i cristiani; per noi motivo di orgoglio e testimonianza di una fede vissuta in maniera totale ed incondizionata, nonostante le atroci sofferenze.

Le abbiamo voluto rendere omaggio con una visita al Monastero di Grottaferrata, dove la giovane offrì il suo sacrificio a Dio.

È sull’esempio della Beata che continua per noi un cammino di fede e servizio, arricchito da un’esperienza fortissima da portare nel cuore e rendere fonte di evangelizzazione proprio a partire dalla nostra comunità, cercando di trasmettere le nostre emozioni anche con piccoli gesti nella quotidianità, che possano davvero dare tributo a quanto vissuto ed appreso.

 

Per «Una Chiesa» - e ancora una volta scelgo di avvalermi delle parole del Santo Padre - «non chiusa nel suo recinto, ma capace di uscire, di muoversi anche con qualche rischio, per portare Cristo a tutti e far si che la sua Luce raggiunga gli estremi confini della terra».

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