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Se veramente si ha a cuore la Sardegna, si impari a concepirla come un'unica grande città

L'intervento dell'On. Angelo Carta in Consiglio Regionale

La Redazione
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Riportiamo di seguito il testo dell'intervento del Sindaco di Dorgali e Consigliere Regionale PSdAZ, Angelo Carta, che durante il Consiglio Regionale di martedì 15 marzo ha espresso il suo parere sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna.

Nella relazione della giunta regionale di accompagnamento al disegno di legge 176/A di riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna si legge: “Il presente disegno di legge considera necessario e improrogabile il grande obbiettivo di riforma del sistema delle autonomie locali della Regione, quale momento propulsivo di modernizzazione di una pubblica amministrazione che deve mirare a essere dinamica, efficiente, economica, il più possibile vicina ai cittadini, capace di individuare soluzioni gestionali e amministrative omogenee nei diversi ambiti territoriali governati”.
Il percorso frastagliato di questo disegno di legge ha segnato un momento storico importante per aver costretto tutti, amministratori e cittadini, a confrontarsi con siffatto importantissimo argomento.
Forse in modo tardivo rispetto alla presentazione della Giunta regionale che, ricordo, è stata fatta il 15 gennaio 2015, in Sardegna si è sviluppato un confronto serrato, a tratti anche animato, perché nei territori si presagiva un passaggio dal noto all'ignoto che presentava numerosi punti oscuri.
Primo fra tutti la rappresentatività dei territori, che è stata largamente differenziata premiandone alcuni e mortificandone altri.
Fra questi ultimi vi è certamente la Sardegna centrale, spogliata di qualsiasi rappresentatività politica e che si trova adesso dibattuta fra la possibile rete urbana e le unioni dei comuni.
Una scelta obbligata che porta in se tutte le incognite di un contenitore al momento vuoto, come è svuotata di ogni competenza è la Sardegna centrale.
Come non osservare, infatti, la palese discrasia fra le competenze della città metropolitana e quelle di una rete urbana?
E, sia chiaro, il mio non è un attacco alla città metropolitana di Cagliari. 
Tutt'altro!
È la presa d'atto di un'occasione perduta.
L'occasione di considerare la Sardegna come una città.
Siamo 1.600.000 abitanti, contro i circa 2.800.00 di Roma, i circa 1.300.000 di Milano.
Sassari dista da Cagliari 200 chilometri, Nuoro da Cagliari 160 km, Sassari da Nuoro 130 km.
Distanze in altre parti d'Italia e d'Europa risibili, percorse quotidianamente da migliaia di persone: operai, impiegati, amministratori e quant'altri.
Distanze che tutti i Sardi sono costretti a percorrere per avvicinarsi al “potere”.
Quotidianamente Sindaci, amministratori operai e impiegati arrivano a Cagliari da ogni parte della Sardegna.
Viaggi lunghi su strade che ben conosciamo.
Spostamenti che in altri luoghi sono considerati urbani.
Perché da noi non è così?
Per le strade che ci ritroviamo, per i treni del 1800, per le ferrovie a pezzi, per il trasporto su gomme antiquato.
Ma, soprattutto, per la cultura “espropriativa” della nostra classe dirigente che non ha mai valutato l'ipotesi di considerare un unicum la Sardegna, personaggi adagiati in uno status quo dove Cagliari è tutto e il resto della Sardegna è un appendice della quale ci dovremmo ogni tanto occupare con piani di rinascita o con investimenti spot.
Però, ce ne possiamo occupare solo dopo che lo stato riconosce come aree di crisi territori martoriati, impoveriti, disabitati o in via di spopolamento.
Aspettiamo che una decreto legge dica ciò che tutti ben conosciamo: che l'industria ad Ottana è fallita; che efficienti trasporti interni sono un miraggio; che il turismo non decolla; che l'agricoltura stenta; che l'ambiente, grande risorsa più volte evocata come propulsore di una nuova stagione di sviluppo, decolli.
Tutto ciò lo sappiamo bene, ma senza l'imprimatur del governo di Roma non si può fare nulla o quel che possiamo fare è ben poco.
Il riordino del sistema delle autonomie è stata l'ennesima occasione perduta sull'altare del Cagliari-centrismo e sulla volontà gattopardesca di cambiare tutto perché nulla cambi.
Perché, anche dopo che saranno definiti ambiti, reti urbane o metropolitane zone omogenee e quant'altro, i territori abbandonati fino all'approvazione di questa legge tali resteranno.
Eppure c'è la consapevolezza di queste difficoltà, la realtà è davanti agli occhi di tutti, dal Presidente Pigliaru al Presidente Ganau, dagli assessori ai sindaci e al presidente dell'ANCI.
Non serve trasferire un assessorato a Oristano, uno a Nuoro e uno a Olbia.
Si abbia il coraggio di mettere le ruote al carrozzone regionale e spostare il Consiglio Regionale a Nuoro e la Giunta a Oristano.
Non si deve chiedere il permesso a nessuno se non a noi stessi.
E se veramente si ha a cuore la Sardegna, si impari a concepirla come un'unica grande città.
La Sardegna centrale da Nuoro a Oristano deve vivere, non sopravvivere, ed è una parte importante della nostra terra che ha il diritto di avere un futuro.
E, se si avrà il coraggio di fare scelte come questa, non c'è il pericolo del fallimento industriale, né inquinamento, né Cagliari retrocede da quello che è.
Solo e semplicemente avviene quel decentramento che unico e solo può rappresentare la chiave di volta per far uscire determinati territori dal disastro nel quale politiche sbagliate li hanno condotti.
Che sia la politica con le sue istituzioni il giusto e dovuto indennizzo per tutti i torti sino ad oggi subiti dal cuore della Sardegna.
Mi rendo conto che qualcuno potrà sorridere davanti a queste idee e la cosa è sintomatica di ciò che siamo diventati, di come abbiamo fatto diventare la Sardegna.
Una terra spoglia, priva di lavoro e di speranza.
Rivitalizzare il centro di questa terra è un dovere.
Considerato anche l'abbandono da parte dello stato, che con un osservatorio pensa di proteggere i Sindaci nel mirino della criminalità, francamente l'unico scossone possibile e necessario è “OCCUPARE” QUEL PEZZO DI SARDEGNA CON LE ISTITUZIONI REGIONALI

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