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Le maschere di Lardajolu animano il giovedì grasso a Dorgali

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O fà o ῾asolu o pitzinnu o letolu, stasera con questo motto faranno la loro comparsa le maschere di Lardajolu e Dorgali entrerà nel vivo dei festeggiamenti carnevaleschi. 

Appuntamento alle 18:00 presso la sede del gruppo folk Tiscali, in via La Marmora, per gli ultimi ritocchi al trucco dei figuranti che alle 18:30 invaderanno le vie principali del paese tra scherzi, coriandoli e tanto divertimento. Coinvolgeranno il pubblico lungo il cammino ed arriveranno fino in piazza Sant’Andrea, Su Cucuru, dove la loro richiesta di rito troverà soddisfazione nel grande banchetto di fà e lardu organizzato dai ragazzi della leva ῾85.  Al suono dell’organetto si ballerà, si canterà e si gusterà il piatto tipico del Carnevale dorgalese, accompagnato da un buon bicchiere di vino.

Le maschere di Lardajolu sono state riscoperte, una trentina d’anni fa, dal gruppo folk Tiscali che da allora si occupa di riproporle il giovedì grasso, invitando ad unirsi a loro chiunque abbia voglia di iniziare al meglio il Carnevale. 

Le due versioni a noi note delle maschere di Lardajolu sono abbastanza semplici e povere. Una è costituita da un lenzuolo bianco lungo sino ai piedi che, legato sul capo con un fiocco rosso, incornicia il volto annerito dalla fuliggine e cela i vestiti di stracci. L’altra è composta da più capi: sa bervechina (una giacca corta di pelle di capra o pecora, smanicata, col vello rivolto verso l’esterno), su bonete (berretto), pantaloni di velluto, gambali di cuoio e cosinzos (scarponi). Oggi sa bervechina è sostituita da una semplice giacca di velluto nero. Entrambe le versioni della maschera sono accomunate dal volto “titieddau” (annerito) da un impasto di olio, cenere e fuliggine che rende irriconoscibili i tratti del viso. 

É possibile che in origine Lardajolu rappresentasse la Morte tornata tra i vivi a chiedere un’offerta per la salvezza delle anime e che, in tempi di povertà assoluta, l’espediente della maschera consentisse ai più bisognosi di mettere un boccone sotto i denti senza doverlo elemosinare. 

Uomini e donne celavano dunque la loro identità per andare di casa in casa a chiedere “o fà o ῾asolu o pitzinnu o letolu” (lett. “o fave o fagioli o bambino o lenzuolo”). Sfoderavano un sorriso quasi maligno che, grazie al contrasto col viso nero, faceva risaltare il bianco degli occhi e dei denti e rendeva la maschera di Lardajolu ancora più inquietante. I bambini la temevano e, al sol sentire il noto ritornello, correvano a nascondersi. I genitori invece stavano al gioco offrendo vino, tìpulas e larduorulletas e zambellas, per impedire che Lardajolu tenesse fede alla scherzosa minaccia e si portasse via il piccolo di casa. 

Jòvia de lardajolu era dunque tutto un via vai di maschere per il centro di Dorgali dove si spandeva il profumo dei dolci e dei piatti tipici del Carnevale. Lo stesso clima allegro e coinvolgente sarà oggi ricreato in piazza Su Cucuru grazie al gruppo folk Tiscali e al comitato San Giuseppe: un tuffo nel passato, alla scoperta dell’antico sapore della festa, in attesa delle moderne sfilate dei carri allegorici che si terranno nel fine settimana. 

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