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O fa’ o asolu o pitzinnu o lettolu ... è jovia de lardajolu!

Il giovedì grasso a Dorgali

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II carnevale sardo è ricco di fascino (vedi il programma di Dorgali), è l’unica festa non collegata alla liturgia cattolica con usanze differenti a seconda del paese, anche i nomi cambiano e rispecchiano le diversità: il giovedì grasso a Dorgali è noto come “jovia de lardajolu”.

Per questa serata le compagnie di baldoria che invadono le strade e le case del paese, utilizzano due tipi di camuffamento, uno tipico dorgalese e uno che possiamo definire più classico in quanto di costume in tanti altri paesi della Sardegna.

La tradizionale maschera dorgalese di “lardajolu” deriva da “fa’ e lardu” che, secondo fonti verbali attendibili, significa letteralmente “persona a cui piace mangiare il lardo”; oggi tale locuzione ricorda solamente lo spuntino a base di fave e lardo organizzato per l’occasione da diverse associazioni, quest’anno ad esempio il compito spetta alle Leva ‘84. In pochi hanno avuto la possibilità di conoscere quest’usanza che nel tempo ha perso alcune peculiarità fino ad essere stata addirittura messa da parte per il rimando alla povertà della maschera, solo da qualche anno è stata ripresa dal Gruppo Folk Tiscali che con il caratteristico costume anima l’evento.

Secondo le memorie giovanili dei più adulti, i protagonisti erano solo gli uomini vestiti in velluto e gambali con addosso “sa bervechìna de peddes manna”, un cappotto di pelliccia di pecora lungo fino agli stinchi - attualmente quasi irreperibile e dunque sostituito da una normale giacca -. La faccia rigorosamente tinta di nero o “titieddata”, in testa il tipico cappello da pastore “bonete” tenuto fermo da una “perrichèdda”, un foulard colorato che circonda la testa ed infine legato sotto il mento.
Il costume classico invece, forse più noto e perciò confuso con il tradizionale “lardajolu”, è l'umile travestimento di stracci realizzato con materiali facilmente reperibili in tutte le case, un lenzuolo ed un fiocco rosso.

Con la scusa dell’abito, le combriccole, solitamente costituite da uomini umili che avevano appena concluso la giornata di lavoro, si facevano invitare a cena dai compaesani benestanti con una velata quanto innocua minaccia: «O fa’ o asolu o pitzinnu o lettolu!».
Il divertimento, allora come oggi, consisteva nell’intimorire i più piccoli oltre che nel passare qualche ora di stravizio in amicizia con la complicità di un bicchiere di vino.

L’appuntamento è alle 18:30 nella sede del Gruppo Folk Tiscali che invita tutta la popolazione “a rispolverare sos orgottes” ed insieme a loro, con balli e musica, dare vita al centro del paese: da Via Lamarmora, lungo “Su Ponte”, fino in Piazza Sant’Andrea a “Su Cucuru” dove la festa continuerà con vino e “fa’ e lardu”. Quest’ultima tappa è organizzata dall’Associazione San Giuseppe, in caso di maltempo la bicchierata ed il buonumore si sposteranno presso la Sala dei Fedales 1984.

L’unico avvertimento per chi resta in casa è quello di approntare “tippulas”, “zambellas”, “orullettas” e naturalmente un buon rosso.
Sempre in allerta dunque, l’ospite carnevalesco in questi giorni può bussare anche ora alla vostra porta ...

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