Lo scorso 22 giugno un ragazzo dorgalese di 24 anni ha compiuto un passo molto importante, di quelli che ti lasciano senza fiato!
Alessandro Muggianu è diventato prete. Questa scelta non può passare inosservata al giorno d’oggi. Ci sono tante domande che hanno bisogno di una risposta ed io, forse per i pochi anni che ci separano (non so ancora se rivolgermi a lui in maniera informale o formale!) o forse per la sicurezza che vedo nei suoi occhi, mi trovo leggermente in soggezione nel proporgli quest’intervista; spero comunque di soddisfare qualche curiosità sul cammino intrapreso dal nostro compaesano.
Non è il suo atteggiamento a spiazzarmi, anzi, è sorprendentemente a suo agio in quella tunica nera sovrastata da un rettangolino bianco. Piuttosto saranno quelle tre lettere che ora accompagnano il suo nome ad imbarazzarmi, vuoi per l’educazione e lo stile di vita, vuoi per idee e pensieri nati e cresciuti all’interno della società in cui viviamo. Infatti al giorno d'oggi il mondo, la vita, il tempo ci vogliono sempre più egoisti, individualisti, autonomi e la fede trova veramente poco spazio per imporsi e coinvolgerci, ma non per tutti è così ...
Buongiorno Don Alessandro, grazie per avermi concesso quest’intervista e ancora auguri per questo traguardo raggiunto.
Anzitutto è giusto conoscere meglio la tua storia, puoi brevemente esporre i punti salienti che ti hanno portato fino a qui? Ci sono sempre meno giovani attratti dalla chiamata di Dio, tu, a soli 24 anni, hai preso una decisione che sembra perciò essere una rarità. Come, quando e perché hai vissuto quella che tutti conoscono come la “vocazione” quindi la chiamata da parte di Dio? Puoi e vuoi raccontarla?
Hai detto bene… sempre meno giovani attratti… perché non credo che Dio stia smettendo di chiamare… penso invece che ci sia bisogno di tempi, luoghi, spazi e circostanza per far sì che questa voce si senta! Ed ammetto che oggi, fra il caos e la vita frenetica in cui spesso si cerca di evadere dalla realtà in modi diversi, non è facile sapersi fermare, riflettere, meditare, ascoltare se stessi, ascoltare Dio. Per quanto mi riguarda, non ho ricevuto da Dio né la telefonatina né l’sms di conferma, no… la vocazione al sacerdozio non è un evento isolato che percepisci una volta per tutte e vai avanti per sempre… è la risposta ad un amore gratuito che ti viene incontro prendendoti così come sei ed al quale ogni giorno devi rispondere rinnovando il tuo “SÌ”! È una sorta di seduzione da parte di Dio che ti invita a metterti in gioco in modo totale e davanti alla quale l’unica certezza che c’è è quella di sapere che non sono stato io a scegliere di essere prete, ma che è tutto partito da Lui, quindi un po’ ironicamente dico, affari suoi.. questo perché non credo minimamente di essere migliore degli altri, anzi penso che in tanti avrebbero potuto farlo mille volte meglio di me… eppure sta proprio qui il bello: che la vocazione non corrisponde ai criteri umani di meritocrazia, ma è inserita nel mistero di Dio che prima o poi comprenderemo. Ed allora a noi, a me, non è toccato far altro che rendermi disponibile, che provare a fare del mio meglio per rispondere con tutto me stesso a questo suo progetto! Credo che ciò che meglio riassuma la chiamata di Dio sia l’atteggiamento della fiducia: dico questo perché realmente non so come procederà la mia vita da prete, probabilmente sarà sempre più difficile esserlo, ma sono altrettanto convinto di essere in buone mani, ed è questa certezza che non mi fa aver paura di cosa avverrà in seguito..
La vocazione si sviluppa sempre davanti all’esempio ed alla testimonianza di qualcuno che con la sua vita ti mostra che è bello spendersi totalmente per il Vangelo, ossia per Dio e per gli altri, o meglio per gli altri in nome di Dio! Questo profondo desiderio l’ho sentito fortemente già da quando avevo 8 anni: ogni mattina prima di andare a scuola, sentivo il bisogno di andare a Messa.. chissà cosa ci capivo fra uno sbadiglio mattutino e l’altro, ma quell’aura di mistero che vedevo nel sacerdote, in don Mario in questo caso, mi attraeva sempre di più.. in lui vedevo incarnato ciò che desideravo essere anch’io un giorno… una persona che, in modo genuino e spontaneo, sapeva trasformare il suo incontro quotidiano con Dio nell’amore, nella benevolenza e nel servizio agli altri: giovani, poveri e malati in particolare! Crescendo giorno per giorno con lui, ho cercato di accogliere questo stile di vita, che sentivo sempre più possibilmente realizzabile anche per me, nel senso che sentivo che nella mia vita (seppur ancora molto giovane), sarei stato veramente felice solo intraprendendo questa strada... lo stesso esempio ed entusiasmo per la causa del Vangelo l’ho incontrato anche nel vice-parroco successivo a don Mario, don Michele… infine nella mia famiglia, che mi ha sempre trasmesso i valori di una fede vissuta nel quotidiano, in particolare nell’accoglienza e nel servizio verso qualsiasi persona, poveri e le persone abbandonate prima di tutto: l’adozione degli altri tre fratelli che si sono aggiunti alla già consistente squadra dei tre, non è altro che uno dei tanti modi concreti in cui ho sperimentato la bellezza del “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” evangelico!
Con queste basi sono cresciuto fin dagli anni dell’infanzia come un bambino ed un ragazzo normale... a scuola, al catechismo, nel gruppo dei chierichetti e con gli amici non penso di essermi differenziato più di tanto dagli altri, nel senso che non sono mai stato “l’angioletto” del gruppo, ma al limite il contrario… sorrido se penso alle facce di alcuni professori delle medie quando gli dissi che sarei entrato in seminario l’anno successivo, forse perché la buona condotta non era mai stata il mio forte! Ma nonostante questo, qualcosa (o meglio Qualcuno) continuava a lavorare all’interno del mio cuore… ho iniziato a conoscere il mondo del Seminario dalla proposta che don Argiolas fece a me e a qualche altro chierichetto di partecipare al campo scuola estivo che lo stesso Seminario di Nuoro proponeva ogni anno, e fin da quando posi il primo passo lì dentro, maturò maggiormente in me il desiderio di far parte di quella comunità appena possibile... una volta al mese ci incontravamo in Seminario per conoscere sempre di più questa realtà in cui l’obiettivo principale non era quello di formare pretini, ma uomini capaci di mettersi in ascolto della voce del Signore e di saperla portare nella vita di tutti i giorni. Ma è proprio vero che per conquistare una cosa bella occorre non poca fatica… questa fatica era già forte nelle medie, in quanto si faceva sempre più difficile per un ragazzo come gli altri iniziare a pensare una strada diversa da quella degli altri! Per quasi un anno, fra la II e la III media, ho mollato tutto, incontri in Seminario, messa e chierichetti, pensando che erano cose da bambini e che non era più tempo di dare loro retta.. ma il 25 novembre 2001 c’è stato un momento di pochi secondi che è stata probabilmente la svolta della mia vita: non posso e non so spiegare cosa sia successo, so solo che ho vissuto una sorta di terremoto interiore che mi ha portato a non scindere più l’Alessandro ragazzino dall’Alessandro che un giorno sarebbe diventato prete! E così a 14 anni feci il mio ingresso in Seminario: 5 anni bellissimi, in cui sono cresciuto come uomo e come cristiano, mettendomi in gioco e lasciando che fosse Dio a confermarmi in questa strada... nell’adolescenza si cresce, ci si scontra con sé stessi e con i nuovi sentimenti che vengono fuori ed è bello che anche io non ne sia stato esente! Anche l’essermi innamorato e la conseguente rimessa in discussione di tutto è stato un momento fondamentale che rileggo sempre con sguardo di gratitudine: ho sperimentato fortemente cosa significhi voler bene ad una ragazza, e penso che ciò abbia solo portato del bene nella mia vita ed in quella delle persone che incontrerò! Ma nonostante questo, è strano e misterioso spiegare come il desiderio di perseguire nella strada intrapresa sia stato ancora più forte (spesso anche a suon di lacrime versate!). Questo non per screditare l’amore, che è la cosa più grande e più bella che ci sia, ma proprio perché la vocazione stessa altro non è che una questione d’amore, di un amore più grande!
Dopo il diploma ho iniziato l’avventura a Cagliari, nel Seminario Maggiore: sono stati cinque anni intensi in cui sono stato formato a livello umano, spirituale e culturale per il sacerdozio; in questo periodo sono state fondamentali le amicizie che si sono venute a creare con i compagni di viaggio provenienti da tutta la Sardegna come anche le prime esperienze caritative e parrocchiali in cui ho potuto mettermi in gioco al meglio nel servizio e nelle varie attività (Mensa Caritas, Suore di Madre Teresa, Parrocchie di Settimo S. Pietro e Santa Lucia).
Ricordo particolarmente le esperienze estive vissute in una casa famiglia in Romania, nell’oratorio di Carate Brianza e del luglio scorso in cui ho vissuto la fortissima esperienza del “mese Ignaziano”, ossia 30 giorni di preghiera, silenzio e riflessione che mi hanno permesso di riprendere in mano tutta la mia vita, prima del passo definitivo dell’ordinazione diaconale. Quest’ultimo anno di formazione l’ho vissuto fra il Seminario di Bergamo e la parrocchia di Grumello del Monte, come “inviato” per respirare un’aria diversa ed arricchirmi, facendo esperienza del mondo degli oratori, fortemente sviluppato nel nord Italia e che, mi auguro al più presto, possa prendere sempre più piede anche nelle nostre realtà.
Probabilmente ho dimenticato più di un’esperienza, ma spero che passi il messaggio che la vocazione al sacerdozio non la si può costruire da soli, perché è tutta una questione di relazioni, di crescita reciproca, di ascolto e di fiducia, nei quali ciò che conta non è la perfezione personale o l’esser sempre impeccabili, ma la volontà di mettersi in gioco al meglio impegnandosi nella vita di tutti i giorni a comportarsi come Gesù stesso avrebbe fatto!
È stata una forte emozione, la Chiesa che strabordava di fedeli e le strade del paese addobbate a festa solo per te; ti aspettavi l’affetto dimostrato da tutti e soprattutto dai tuoi amici?
Fortissima, indescrivibile direi... non mi aspettavo tutto l’affetto che la mia gente mi ha dimostrato! Tutti si sono sentiti coinvolti in prima persona nell’organizzazione della festa e non posso descrivere la bellezza di questo!!! Sì, perché come dicevo prima, la vocazione non è un fatto privato ed ho sperimentato in prima persona che il prete è in qualche modo figlio dell’intera comunità! Mi sono sentito veramente figlio, fratello ed amico di tutti i dorgalesi, e tutti in modi diversi me lo avete dimostrato: posso dire solo GRAZIE a tutti!!! C’è stata una risposta straordinaria non solo dal punto di vista numerico, ma soprattutto dal modo e dallo spirito coinvolto e partecipato affettivamente; è questo che ha dato ancor più valore alle varie forme di partecipazione: le strade addobbate, il rinfresco in oratorio, i fiori in chiesa, i canti.. e ciò che ha reso tutto ancora più bello è il fatto che il tutto è stato fatto anche con spirito di profonda fede, dunque non tanto per me Alessandro, ma per la figura del sacerdote e per ciò che essa ancora rappresenta nei cuori di tanta gente!
Riguardo la partecipazione degli amici, non ho davvero parole!! Si sono impegnati tanto da molto tempo prima del 22, e nel loro impegno e nella loro vicinanza ho visto ed ammirato con commozione quanto mi vogliano bene! Sono state settimane intense, fatte anche di lavoro e sacrifici per tutti (preparazione dei canti, allestimento dell’oratorio, pulizia dei vari ambienti, imbottigliamento del vino, preparazione delle strade ecc.), ma vissute in unità e gioia nel condividere il fatto che “uno di loro” abbia intrapreso una strada diversa dal solito! Dietro alle serate varie trascorse insieme, alle serenate ed ai cortei per le vie del paese, come anche alle papamobili improvvisate, ho letto in loro sentimenti di profondo rispetto per la scelta fatta e di un’amicizia che rimane immutata. Ed il vederli poi tutti uniti non solo nei momenti di festa, ma anche agli appuntamenti in Chiesa tutti e due i giorni è stato il regalo più grande che potessero farmi! A loro dunque va il mio più grande GRAZIE!
In questo momento ti trovi a Grumello del Monte (Bergamo), sono ormai passati diversi giorni dal 22 giugno, che progetti hai?
Eh sì, guardando indietro, il primo mese di ordinazione è già volato... ma mi sento ancora in “luna di miele”! Una settimana dopo sono tornato nella parrocchia di Grumello che mi ha accolto per tutto quest’anno! Qui sto scoprendo una sorta di nuovo mondo, nel senso che è un’esperienza che mi sta arricchendo veramente tanto, in particolare perché sto entrando sempre più nel mondo degli oratori, consolidando la già bellissima esperienza fatta a Dorgali; è questa in fondo la mia “missione” di quest’anno: scoprire questa realtà e, una volta rientrato in diocesi, provare a proporla (a piccoli passi) anche da noi, per vedere se può essere realizzabile! Al mio ritorno avrò anch’io una parrocchia dove potermi mettere in gioco, e se possibile vorrei provare ad avviare il discorso… è vero che in diocesi di Nuoro non mancano le opportunità di coinvolgere tanti bambini e giovani nella vita della parrocchia, basti pensare alla ricchezza di associazioni e gruppi che animano le nostre comunità! L’oratorio darebbe la possibilità di valorizzare i carismi che ognuna di esse ha, facendoli convergere verso un punto comune, in cui tutti si sentano appartenenti alla stessa realtà, portando il proprio apporto e fuggendo così il rischio di fare cammini separati! Sono consapevole del fatto che non sarà facile, perché l’oratorio è una realtà che per tradizione non appartiene al sud dell’Italia, ma vedendo l’esperienza di qui, vale veramente la pena perlomeno provarci! C’è bisogno di un luogo in cui ogni giorno i bambini ed i ragazzi possano incontrarsi e crescere insieme secondo i valori più alti: creando per loro quest’opportunità, si riuscirebbe a coinvolgere pian piano anche le famiglie, favorendo così la creazione di un circuito di relazioni in cui nell’informalità si crea un forte senso di appartenenza ad una comunità! Questo avrebbe riscontri più che positivi non solo a livello parrocchiale, ma anche a livello sociale, contro l’individualismo e la chiusura in se stessi che sta iniziando a toccare ahimè anche le nostre realtà! Non si tratta di indottrinare niente e nessuno, ma solo di creare un’opportunità quotidiana di incontro, confronto e crescita comune, che credo possa solo giovare ai bambini, ai giovani ed agli adulti! Potrebbe inoltre aiutare i ragazzi a far fuoriuscire le tante capacità che hanno nell’aiutare i più piccoli ad affrontare le tappe della vita, come anche coinvolgere maggiormente il mondo degli adulti non solo nell’educazione dei propri figli, ma introdurli in un’ottica di corresponsabilità. Chissà come procederà... so solo che sono molto fiducioso a questo riguardo!
Ovviamente sei consapevole del fatto che avrai una vita diversa da tutti i tuoi amici, gli stessi che ti hanno accompagnato e sostenuto nella tua scelta, non ti spaventa o non pensi che un giorno potrai avere qualche rimpianto?
Rimpianti non credo, è sempre stato il mio sogno più grande... momenti difficili invece penso proprio di sì, e non saranno pochi! Quella del prete è una vita bellissima, che nella sua varietà di incontri ti dà veramente tantissime soddisfazioni! Nonostante continui sempre a chiedermi se Dio non aveva qualcun altro di meglio da prendersi, il vedere che tante persone si fidano di te, ti mettono in mano la loro vita consegnandoti le loro gioie e le loro sofferenze per condividerle, non può lasciarti indifferente... si instaurano tante relazioni profonde basate sulla fiducia, che ogni giorno, assieme alla preghiera, sono l’alimento del sacerdote! Un grazie o un sorriso di un bambino, di un anziano, di un malato, di un giovane, di un genitore e così via, danno una carica molto forte per affrontare quei momenti in cui subentrano incomprensioni, scontri, difficoltà di veduta e così via... Nonostante il prete sia una persona pienamente relazionale, talvolta però c’è il rischio che il suo essere “di tutti e di nessuno” causi in lui momenti di solitudine, difficilmente superabili chiudendosi in se stesso... la bellezza della scelta del celibato, pur nella difficoltà che la caratterizza, può rimanere “sempre giovane” solo nella misura in cui questo stato di vita non venga inteso come una sola rinuncia ad una famiglia propria... in questo modo il prete sarebbe destinato ad esplodere da un momento all’altro!!! Essa è invece una SCELTA, fatta con piena consapevolezza e solo in vista di un amore più grande, ossia del dono, che non si racchiude ad una cerchia di persone, ma che prende con sé coloro che vengono affidati nell’incarico, in una parrocchia ad esempio. Ma ripeto, pur nella consapevolezza di questo, ci saranno le difficoltà ed i momenti di solitudine: il prete non è infatti un supereroe, ma un uomo come tutti gli altri, dalla testa ai piedi, fatto di carne e di sentimenti, i quali non vanno bloccati, ma incanalati nelle relazioni di ogni giorno! E come tutti credo, anche nella vita del prete, e nella mia vita, sono stati, sono e saranno necessari i rapporti di amicizia, che sempre aiutano a far luce su se stessi e ad affrontare qualsiasi situazione, bella o brutta che sia, evitando così la deleteria e poco producente chiusura in se stessi e nel proprio mondo! Credo che solo in quest’ottica di relazioni io sarò un vero uomo e, di conseguenza, un vero prete!
Secondo te, oggi, in questo mondo sempre più laico e distratto dalla vita frenetica, vale ancora spendersi per il Vangelo?
Ne vale la pena eccome!!! Anzi, paradossalmente forse molto di più... per un motociclista credo ci sia più gusto vincere un Gran Premio in una pista difficile e contro degli sfidanti al suo stesso livello, che non in un rettilineo e contro dei principianti... Dico questo perché è ora che come cristiani dobbiamo far sentire la nostra voce, non però con crociate o fanatismi, ma più semplicemente col tentativo di essere coerenti con la nostra fede nella vita di tutti i giorni! Essere cristiani oggi non è una sfida di poco conto e non è per niente semplice, anche perché noto soprattutto in chi è lontano ed apparentemente indifferente al discorso della fede, una forte attenzione all’atteggiamento di noi cristiani (e ancor di più di noi preti!), dai quali (giustamente) si pretende qualcosa in più... perché effettivamente di parole ne sentiamo talmente tante da non sapere più cosa farcene, ma se queste non corrispondono poi ad un impegno concreto, ho paura che rischiamo solamente di fare danni! Non possiamo allora essere dei preti mediocri o dei cristiani mediocri! Partendo dalla Parola di Dio che ci guida, abbiamo il dovere e la responsabilità di rendere presente con la nostra vita lo stesso Gesù! Come? Essendo costruttori di pace, di unità, sapendo condividere con l’altro le cose belle e le sofferenze della vita, rendendoci disponibili ed accoglienti verso i poveri, gli ultimi... questo potrebbe essere un buon inizio! Mi scuso se cito una frase di Paolo VI, forse sentita già migliaia di volte, ma che a distanza di 40 anni è sempre attuale: “Nel mondo di oggi più che di maestri c’è bisogno di testimoni”… ecco chi deve essere oggi il cristiano: una persona che, nel suo mondo di tutti i giorni, non abbia paura di annunciare quell’incontro con il Signore che dà senso alla sua vita, con coerenza, fiducia ed una buona dose di coraggio!
La Chiesa, sempre più “terrena” che spirituale e, che secondo Papa Francesco, dovrebbe ritornare alle sue origini: povera e lontana dai beni materiali, ha, secondo te, ancora qualche possibilità di inserirsi ed essere più credibile in questa società?
Papa Francesco sta dando un bello scossone a tutti, ma credo che lo stia facendo in continuità con quello che hanno fatto i suoi predecessori, anche se per via del carattere più espansivo in lui risuona di più... sono contento che ci stia spronando, non può che farci bene! Per essere spirituale, cioè vivere secondo gli impulsi dello Spirito, la Chiesa non può non essere terrena, perché è qui sulla terra che “si gioca” le cose del cielo... Forse possiamo ancora fare tanto nel migliorarne il modo, ma sottolineo il POSSIAMO! Perché dire Chiesa non significa parlare solo del Papa, dei vescovi, dei preti e delle suore, ma vuol dire parlare di tutti noi cristiani! È vero, tante cose successe in questi ultimi tempi ci hanno fatto giustamente storcere il naso, ma credo che questo sia uno stimolo ancora più grande per ogni cristiano ad un impegno maggiore nel vivere cristianamente la vita di ogni giorno! Forse continueranno a risaltare sempre più le cose sbagliate che tanti “uomini di Chiesa” hanno fatto o fanno ancora, a scapito di tantissimi uomini e donne che nel nascondimento del quotidiano fanno “in modo straordinario le cose ordinarie” (definizione di santità per Madre Teresa), ma la speranza e lo stimolo giusto ce li dà sempre lei, la piccola Santa di Calcutta: “forse il bene che facciamo altro non è che una goccia nell’oceano, ma senza quella goccia l’oceano ne avrebbe una in meno”… con questo spirito mi auguro che ogni cristiano possa vivere la sua vocazione, io compreso: sentendoci tutti corresponsabili potremo fare tanto, agli occhi di Dio ed agli occhi della società, per il bene di tutti!
Grazie della bellissima opportunità che mi avete dato! Ora la smetto e mi auguro di non essere così lungo anche predicando a Messa!!! ☺