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Padre Giovanni Erittu fa ritorno in Brasile

Dopo un periodo di riposo nel suo paese natale il missionario dorgalese è ripartito per Curitiba dove svolge la sua missione

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Padre Giovanni Erittu è ripartito da Dorgali in Brasile dove vive da 48 anni, da quando è stato ordinato sacerdote. Ogni due anni ritorna nel suo paese natale per qualche settimana di riposo.  È minuto e leggero. Da quattro anni svolge la sua missione a Curitiba, due milioni di abitanti, capitale della regione del Paranà. Nel quartiere di Porton Padre Erittu dirige le scuole fondate dai Padri Giuseppini di Asti. Sono scuole dalla materna sino all'Università e vengono frequentate da 2.600 studenti. “Quando andiamo per il mondo a fondare una missione – inizia Padre Erittu – per primo costruiamo una scuola e una chiesa. Insieme all'educazione religiosa vogliamo sempre dare un'educazione scolastica, umana e professionale per dare ai ragazzi la possibilità di inserimento nella vita e nel lavoro”. Accanto alla scuola vi è l'istituto di Creche, cioè della crescita ed è l'asilo con centosessanta bambini abbandonati dell'età da 6 mesi a 6 anni, mentre dai 7 anni ai 14 anni vi è il convitto per i meninos de rua. I ragazzi del convitto, durante il giorno, oltre a frequentare la scuola, pranzano e studiano mentre la sera vanno a casa in famiglia o da un parente, da una zia o dalla nonna, perché spesso il padre è in prigione o alcolizzato o drogato. 

Nelle scorse settimane, durante i campionati di calcio, abbiamo visto in TV le proteste dei giovani brasiliani, perché? 

“Il Brasile sta crescendo economicamente ma nello stesso tempo – continua Padre Erittu – aumenta la disparità sociale, il 20% della popolazione ha tutto a scapito di tutti gli altri. Le favelas sono nelle megalopoli come San Paolo, Rio de Janerio, San Salvador, Belo Orizzonte. Sono grandi città in tutto, anche nei contrasti. La Chiesa, i vescovi appoggiano la protesta, tranne le frange estremiste che possono insinuarsi nella protesta, ma il popolo è buono e paziente. La Chiesa è la locomotiva per il lavoro sociale, per lo sviluppo integrale dell'uomo. Il Governo ha una filosofia atea e non ci dà un soldo, ma i missionari lavorano senza polemica. Noi vogliamo essere seminatori di pace, trovare i ponti con tutti, seguire il bene, dalla parte dei più umili”.

Dopo 48 anni vorrebbe ritornare, non si sente stanco? 

“Il mio desiderio  – conclude – è spendere la mia vita sempre lì, consumarsi come una candela. Sono felice di essere sacerdote, religioso e missionario. Porto sempre la mia Dorgali, la mia Sardegna nel cuore ma mi sento brasiliano, perché sono entrato nella loro cultura, con la lingua, con il loro stile di vita. Il missionario deve essere uno di loro, accanto a loro, rimanere nella loro semplicità”.

Ci salutiamo e Padre Erittu va via, quasi di corsa, cammina spedito e veloce, come un atleta. Un atleta di Dio.

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