Ora basta! Da 17 giorni siamo un paese in ostaggio del gestore unico del servizio idrico in Sardegna e del “Patto di stabilità”, quest’ultimo un destino comune ad altri. Siamo stati fin troppo silenziosi e abbiamo preferito dare priorità a chi, nel dopo alluvione, aveva realmente perso tutto; ma è bene far sapere a tutti che pure il Comune di Dorgali ha i suoi problemi da risolvere. Lo dimostra il fatto che dal 18 novembre gli abitanti di Dorgali e una parte di Cala Gonone sono costretti a procurarsi l’acqua per l’uso quotidiano tramite autobotti, bidoni, pozzi e cisterne.
Il by pass di 40 metri (vedi aggiornamenti giornalieri del sindaco) che dovrebbe portare l’acqua nei nostri rubinetti sembra un’impresa veramente difficile che sta mettendo a dura prova la pazienza di oltre 8000 persone. Il Sindaco di Dorgali, portavoce della comunità, ribadisce la situazione ai microfoni di Videolina e di Radio 24 accanendosi con la società di Abbanoa per i tempi di lavoro sulla condotta: “Le riparazioni della condotta sono nelle mani di una società disastrata, l’Abbanoa, che gestisce da Cagliari tutti gli interventi. Dal 18 di novembre non è ancora stata riparata: siamo al livello delle Filippine o del terzo mondo”.
Tensione anche per l’impossibilità di utilizzare i soldi presenti nelle casse comunali dovuta al patto di stabilità che impedisce di attuare gli interventi immediati in questa situazione, ancora di emergenza, per molte attività del territorio. Secondo Angelo Carta: “Io la vedo come la poteva vedere un ebreo chiuso nei campi di concentramento con i kapò tedeschi. Abbiamo la Germania che ci obbliga a non spendere i soldi, se questo sembra normale, da Paese civile e con la schiena dritta ditelo. Mi sembra una forma di schiavitù moderna: dire che non posso spendere i soldi nemmeno per ripristinare una strada che serve per non tenere isolate delle aziende, questo mi sembra un segno di inciviltà totale. L’altro giorno Letta ha parlato di Ayatollah del rigore, credo che definirli Ayatollagh sia riduttivo, sono i kapò del rigore”. Conclude l’intervista a Radio 24 dichiarando la decisione di rompere il patto di stabilità con un “Assolutamente sì, credo che dovremmo deciderci a farlo senza preoccuparci delle conseguenze, tanto peggio di così non può andare. Non lasceremo le aziende isolate perché la Merkel o qualcun altro mi dice che non posso spendere i soldi che ho in cassa. Credo che molti altri faranno la stessa cosa”.
Ora, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare anche se il Sindaco di Dorgali non è solo in questa battaglia, infatti oltre 60 sindaci si sono riuniti sotto un’unica parola d’ordine “Rompere il patto di stabilità”.
Anche il nostro Parroco, don Michele, esprime una dura opinione in merito al disagio di queste settimane e lo scrive nella pagina facebook dedicata alla Parrocchia di Santa Caterina d’Alessandria:
“Davanti a quello che sta succedendo a Dorgali - 15 giorni senza acqua - come parroco non posso stare zitto, perché ne va della serenità della nostra comunità e, compito del sacerdote è anche quello di condividere le sofferenze della gente affidataci.
Ciò che succede è assurdo e poco rispettoso della dignità di un popolo civile. Nei primi giorni dopo l’alluvione abbiamo pazientato, pensando a chi stava peggio di noi, anzi dando priorità alla solidarietà per chi soffriva molto ma molto più di noi. Poi abbiamo sperato che ABBANOA, alla quale paghiamo profumatamente per avere nelle nostre case acqua sporca quasi tutto l’anno, si ricordasse anche di noi.
Oggi è 4 dicembre e siamo ancora come il primo giorno; affidandoci, per lavarci (lavarci?!?!) e per i vari usi domestici, alle autobotti che ogni giorno e in ogni angolo del paese ci portano il tanto sospirato dono dell’acqua.
Abbanoa è un grande “carrozzone” lontano da noi che ha come ultimo interesse non certamente il bene della nostra gente. Con amarezza faccio questa considerazione: se i tempi e l’attenzione degli enti pubblici per la ricostruzione delle famiglie e delle comunità devastate dall’alluvione avrà lo stile di Abbanoa, le strade rimarranno per molto tempo da paesi del terzo mondo e le case rimarranno per anni come il terribile ricordo di una sciagura che ha colpito la nostra terra, sciagura che si unisce a quella di avere politici, istituzioni ed enti che nel loro statuto morale hanno dimenticato la dignità di ogni uomo, di ogni popolo e di ogni famiglia.
Forse sarebbe il caso aprire gli occhi e ribellarci con un gesto: invece di pagare le bollette direttamente ad ABBANOA iniziamo a pagarle al nostro comune: sarà compito dei nostri amministratori verificare se ABBANOA merita i nostri soldi e comportarsi di conseguenza; l’obiezione di coscienza è ancora un mezzo che abbiamo nelle nostre possibilità di uomini liberi.
TERMINO CON UN GRAZIE ALL’AMMINISTRAZIONE E AI TANTI VOLONTARI CHE SI STANNO SOSTITUENDO A CHI È PREPOSTO A DARCI L’ACQUA."
In mezzo a questa confusione, dove tutti abbiamo le mani legate, ho un unico pensiero: quando tornate a casa dite ai vostri bambini di scrivere la letterina a Babbo Natale chiedendo che l’acqua ritorni nelle nostre case ... chissà!